(In memoria di Raffaele Paladini)
di Cosimo Imperiale
In un piccolo paese della provincia tarantina, Fragagnano, all’inizio degli anni ’80, la domenica mattina, si vedeva girare di qui e di là una Fiat 127 blu. Alla guida, un giovane specializzando in medicina con accanto il suo nipotino che, con entusiasmo, manteneva la sua borsa di colore cuoio.
Sono io quel bambino, ormai vestito da uomo, sì sono il nipote del dott. Paladini, medico di famiglia (quando erano davvero “di famiglia” e accorrevano persino nei giorni di festa dai propri pazienti).
Mi permetto di scrivere queste righe perché son giorni che ci penso.
Ho ricordi indelebili in quella Via Archita piena di odori, diversi per ogni stagione, ma abitudini così metodiche che sembravano lancette di un orologio svizzero.
La domenica, ogni domenica, era un rituale: noi nipoti arrivavamo di buon’ora e trovavamo la nonna che aveva già preparato la pasta fresca; il nonno Giuseppe era appena tornato con la sua Ape Piaggio dalla campagna.
Alle 10 di mattina, lì su un tavolo del soggiorno, rigorosamente mantenuto oleato da nonna Antonietta c’era il telefono, di quelli a rotella, che iniziava a squillare, con richieste per il dott. Paladini.
Al telefono rispondeva sempre lei, nonna Antonietta che diceva: “Sì, un attimo! “, posava la cornetta per dire a mio zio che avevano bisogno di lui che ascoltava il vinile del momento nella sua camera.
” Rafeeeeeeeeè! Corri al telefono; hanno bisogno di te! “.
Era una questione di sguardi, nomi, gesti; io, 5 anni, avevo già afferrato la sua borsa colore cuoio.
Il dott. Paladini rispondeva. Sapeva già chi fosse e si informava subito dell’accaduto.
La sua risposta era una sola:” Arrivo!!! “
Non serviva indirizzo, numero di telefono, nemmeno cellulare, ci si conosceva tutti.
Erano tutti impiegati dell’Ufficio Anagrafe del Comune.
Un film ancora nella mente: entriamo nella 127, stereo fissato con un cacciavite a fare da spessore – sì perché all’epoca lo Zio aveva poche risorse e il mercato improvvisato fuori dal Policlinico di Bari era un ottimo megastore degli anni ’80.
Gli odori che si respiravano in quella macchina erano dei più disparati, dietro c’era di tutto, lui era pronto a tutto e per tutti.
Arriviamo a destinazione, parcheggia e chi ha chiamato per chiedere assistenza, è fuori dalla porta e lo accoglie con un “Rafeeeè, grazie che sei venuto”.
In un attimo la distanza si era abbattuta, ogni intervento da parte sua era un Muro di Berlino dell’89, abbatteva le distanze, abbatteva ogni cosa perché aveva una grande dote Zio Raffaele: una empatia fuori dal comune.
In segno di rispetto, la gente chiedeva il suo aiuto e lo accoglieva come un figlio, come un fratello.
Si passava dalla richiesta con il “Lei” e si arrivava all’accoglienza con il “Tu”.
Io bambino restavo, ovviamente, in macchina,
ma notavo le fasi più importanti, l’arrivo di Raffaele in una determinata casa, e notavo soprattutto l’uscita da quella casa dove lui aveva portato assistenza, cure e soprattutto conforto.
Ogni domenica Raffaele era Fisiatra e Pediatra, Urologo e Ginecologo, Otorino, Oculista, Ortopedico, Neurologo… insomma,tutte le specializzazioni, ma con tutti son sicuro abbia fatto anche da Psicologo.
Ora, mentre scrivo, è sicuramente in giro con la sua 127 Blu a curare le ali di qualche angelo che ha fatto squillare il telefono a rotella al quale avrá risposto Nonna ‘Ntunetta che, posata la cornetta sul tavolo oleato, è dittu: “Rafeeeeeeè!!!”
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Il dott. Raffaele Paladini, nato nel 1957 e scomparso nel 2021, fu anche un sindaco molto stimato della bellissima e antica cittadina in provincia di Taranto

