NO ALL’IMPIANTO DI TRATTAMENTO RIFIUTI NEL PORTO DI TARANTO: UN FUTURO DIVERSO È POSSIBILE

di Mario Corrado

Luca Lazzàro, candidato sindaco di Taranto, ha espresso profonda preoccupazione per la proposta presentata da CBS Srl di realizzare un impianto di trattamento dei fanghi contaminati all’interno del porto cittadino, definendola inaccettabile in un’area strategica oggetto di importanti investimenti pubblici per la bonifica e la riconversione industriale.

Il candidato ha delineato i pilastri per un futuro diverso del porto di Taranto, puntando sullo sviluppo dell’eolico offshore, sul potenziamento del turismo crocieristico, sull’incremento del transhipment merci e sulla cantieristica navale, settori in grado di garantire crescita economica e occupazione sostenibile.

Lazzàro ha sottolineato come il progetto di trattamento rifiuti contrasti con gli sforzi in corso di bonifica dell’area ex Yard Belleli, sostenendo che non possono prevalere interessi particolari sull’interesse collettivo e sulla visione di una Taranto più verde e prospera.

Noi aggiungiamo che negli anni si è assistito a spinte che vorrebbero trasformare il porto di Taranto in un hub per attività ad alto impatto ambientale, evidentemente incompatibili con la destinazione naturale di un porto che aspira a ospitare merci, passeggeri e navi da crociera. Questa strategia appare studiata più per depotenziare un’infrastruttura marittima competitiva e ricca di potenziale, piuttosto che per valorizzarla realmente.

La leggerezza con cui si propone di affidare la guida del porto a figure prive delle competenze specifiche del settore, come l’ imminente incarico di Giovanni Gugliotti – scelto senza il dovuto rispetto delle professionalità richieste – conferma l’intento di svuotare di significato il progetto portuale anziché consolidarlo. Un mandato affidato a incompetenti in ambito portuale rischia di favorire esclusivamente interessi particolari, minando la trasparenza e la lungimiranza indispensabili per un reale sviluppo sostenibile.

Taranto non deve diventare soltanto un luogo da spremere né tantomeno la pattumiera d’Italia. È essenziale che il porto torni a essere un volano per l’economia del mare, un punto di riferimento per il Mediterraneo e non un simbolo di degrado. La vera sfida è mettere al centro gli interessi della collettività e dell’ambiente, garantendo una governance qualificata e una visione che punti alla crescita pulita e durevole nel tempo.

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