La Villa dimenticata

Potrebbe essere un'immagine raffigurante attività all'aperto

di Cinzia Amorosino

Potrebbe essere il simbolo di Taranto stessa, oltre che dell’abbandono subito dall’affascinante e antico parco che lo ospita da parte di chi doveva vigilare e manutenere: il leone, un tempo ruggente, ora accasciato, deturpato, indifferente a ciò che accade intorno a lui.

Villa Peripato, un bene artistico e architettonico, uno dei pochi polmoni verdi della città, oasi di pace e di silenzio in un borgo spesso congestionato dai rumori e dai motori degli autoveicoli, per non parlare dell’inquinamento dispensato generosamente dal siderurgico, e non solo. Purtroppo, più volte i cittadini hanno constatato il degrado e la mancanza di manutenzione puntuale ed adeguata da parte delle varie amministrazioni succedutesi negli anni.

Oggi, come annunciato dall’assessore all’Ambiente Di Santo, sono stati trasferiti tutti gli animali rimasti, ossia qualche uccello acquatico, i pavoni e le pavoncelle. Tranne quindi le tartarughe la cui piccola vasca era stata svuotata e ripulita la scorsa settimana insieme al “laghetto dei cigni”, dove pare non funzioni da tempo la pompa per il riciclo dell’acqua. Dovrebbero iniziare i lavori di rifacimento di vasche e voliere ma non è noto quando né quanto dureranno.

“Gli animali sono stati prelevati stamane da operatori del Wwf Taranto”. Così precisa il presidente della locale sezione Gianni De Vincentiis (v. foto). Sono stati trasferiti in “affido temporaneo” alla fattoria didattica dell’associazione “Uomini Vivi”, gestita da Don Paolo, a Grottaglie. Compreso il pulcino di pavone soprannominato “Cataldino” e la sua mamma, “con un trasporto a parte per preservarne l’incolumità”.

“I tempi e le modalità degli interventi da apportare alle strutture – precisa De Vincentiis – non sono di nostra competenza. Abbiamo però dato delle indicazioni alla Direzione al fine di ottenere strutture che siano idonee al benessere degli animali ospitati e possano dissuadere gli avventori della Villa dal somministrare loro alimenti potenzialmente dannosi.”

Intanto, le bestiole dovrebbero essere rimesse in sesto e curate. Da chi? E quando potranno tornare a casa? Anche su questo non siamo informati. Non per essere disfattisti ma speriamo non siano i tempi biblici di opere cittadine il cui avvio dei lavori era stato celebrato dai vertici di Palazzo di Città ma che ancora non vedono la luce.

E i tre leoni di marmo a guardia della Villa Peripato sono un piccolo esempio. Quando l’artista e grande cittadino Domenico Campagna restaurò i busti di Archita e di Pitagora che si affacciano sulla rotonda, oltre all’elefantino, chiese al Comune di poter “salvare” anche i leoni con metodi adeguati ma gli fu risposto che era competenza della Sopr­intendenza. Dopo tre anni le foto mostrano quanto sia peggiorata la situazione delle bellissime sculture su cui si dovrebbe intervenire con urgenza.

In questi frangenti non va affatto bene la teoria dello “scaricabarile” e l’ente più prossimo al cittadino ha sempre e comunque il dovere di curare il decoro dei posti più belli di Taranto e nel caso, di sollecitare altri organismi responsabili della loro conservazione.

Al proposito c’è un’importante segnalazione a chi di dovere: la fontanella che butta via tantissima acqua potabile perché non c’è rubinetto per poterla chiudere (v. foto allegata).

La cultura non è l’intrattenimento fine a se stesso (occorre che qualcuno se ne renda conto finalmente), ma qualcosa di raro e prezioso che ci tuffa nella storia della città le cui memorie di antiche civiltà sono nascoste persino sotto la superficie della Villa Perip­ato.

Con l’approssimazione non si va da nessuna parte e parlare di vari megaprogetti o di festival e di eventi che si consumano nello spazio di un respiro, lasciando metaforicamente le “paperelle” senz’acqua e nella sporcizia per anni, è come nascondere la polvere sotto un bel tappeto.

Prima o poi ti salta nuovamente addosso.

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Facciamo un tuffo, intanto, nel passato dell’elegante parco cittadino:

La Villa Peripato domina il Mar Piccolo, a ridosso del convento di Sant’Antonio. La denominazione fa riferimento alla scuola peripatetica aristotelica (dal greco perìpatos, luogo in cui si passeggia), di cui fu illustre esponente il filosofo e matematico tarantino Archita. Il giardino Sant’Antonio, di proprietà della nobile famiglia de Beaumont, era originariamente un frutteto. Nel 1832 l’ultimo discendente della famiglia sposò la nobile Maddalena dei marchesi Bonelli di Barletta, la quale volle che la località diventasse un raro esempio di residenza di villeggiatura. Alla morte della marchesa, nel 1906, il patrimonio passò al nipote Filippo Bonelli, il quale nel 1908 iniziò con il Comune una lunghissima trattativa per la vendita. Il sindaco Troilo volle infatti realizzarvi una Villa comunale più bella e grande del giardino Garibaldi, fino ad allora unico polmone verde della città. Nel 1909 all’ingegnere Cosimo Resta fu affidato l’incarico di definire il valore della proprietà, poi concessa in enfiteusi perpetua al Comune. Nei primi anni la Villa rimase abbandonata: nel 1913 per dare una forma più regolare al giardino, venne sistemato un muro di cinta con ringhiera.

Nel 1932, in occasione di una parata militare nel golfo di Taranto, 350 operai lavorarono per oltre un mese per ripulire e abbellire il giardino: si impiantarono la pineta e due aiuole con un enorme fascio littorio al centro; in una piazzetta si collocò un busto di Leonardo da Vinci, proveniente da un omonimo mezzo navale affondato in Mar Piccolo nella Prima Guerra Mondiale; nei viali si collocarono sedili e colonnine artistiche.

Nel 1933 si estirpò un antico aranceto, sostituito dal teatro all’aperto La Pineta, poi trasformato in cinema; nel 1936, la recinzione in ferro venne donata alla Patria; l’anno successivo, la scalinata monumentale che conduceva ad un lungo corridoio affacciato sul Mar Piccolo, fu abbattuta per fare posto al Circolo Ufficiali della Marina Militare; tra il 1944 e il 1945 gli anglo-americani installarono una piscina in cemento; dopo il 1945, il grande piazzale fu adattato a pista di pattinaggio.

La Villa Peripato conserva la quota di calpestio antica, relativa alla fase di ruralizzazione degli spazi già occupati dalla città greca e romana. Scavi nell’area furono effettuati occasionalmente nel XVI e nel XVII secolo fino agli interventi più recenti nel 1991, con il rinvenimento di strutture murarie, attribuibili ad abitazioni risalenti dalla prima età imperiale. Altre indagini preventive nel sito furono condotte nel 2004.

La Soprintend­enza ha da sempre vi­etato negli anni ope­razioni che potessero danneggiare i resti archeologici conservati a pochi centimetri sotto il terreno. Qui­ndi, assolutamente vietate scarificature, nuove messe a dimo­ra di alberi, eccess­ive irrigazioni, sve­llimento di vecchie ceppaie di alberi ta­gliati, finanche il semplice bullone per fissare i giochi per i bambini.

Che la Villa sia importan­te lo prova, benché in poche righe, anche il Dos­sier di Taranto Capi­tale della Cultura 2022, dove si legge: “sito archeologico di rile­vante interesse per la presenza di signi­ficativi testi di do­mus di età imperiale con pavimenti musivi perfettamente cons­ervati”.

Quindi un altro pericolo si profila per i tesori che la Villa ancora cela: le radici degli alberi che secondo alcuni esperti potrebbero distruggere i reper­ti archeologici. In effetti, poco tempo fa la stessa ammin­istrazione di quella odierna, decise di mettere a dimora de­cine di alberi, con il placet della Sopr­intendenza, visto che l’area della Domus si troverebbe in un punto non interessato dalle piantumazioni.

Intanto, qualche privato dopo aver chiesto il permesso al Comune, ha provato a restaurare qualcuna di quelle statue disseminate tra gli alberi o a guardia dei cancelli ma il compito dovrebbe essere delle istituzioni che hanno i mezzi per trovare e anche pagare esperti restauratori.

E pure ripristinare le pavimentazioni e le panchine come in origine è urgente. L’asfalto che ha sommerso la ghiaia di fiume dei viali andrebbe eliminato immediatamente.

Liberare dalle brutture la Villa Peripato dei nostri ricordi di bambini è un dovere dimenticato finora dall’amministrazione comunale.

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Foto allegate di DaM e Domenico Campagna che ringraziamo

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