di Cinzia Amorosino
In barba a tutte le promesse di rigenerazione, riconversione più o meno green, promozione di vari ecosistemi (*) in tutte le salse, Taranto continua a perdere pezzi, se così possiamo esprimerci. Alcuni è bene che scompaiano, come le industrie inquinanti, ma i lavoratori non devono farne le spese assieme alle loro famiglie.
Lo Stato dovrebbe in primo luogo garantire occupazione e quindi reddito laddove ha permesso, con la sua complicità, di piantare le fondamenta di fabbriche dannose e giunte ormai a fine vita. Come la Cementir ad esempio, uno dei cancri peggiori che abbia avuto la città dei due mari.
“Il futuro di 51 lavoratori del sito ex Cementir di Taranto è a forte rischio, poiché dal 15 settembre prossimo, giorno in cui scadrà la cigs attivata lo scorso anno, si ritroveranno senza lavoro e senza reddito, a seguito dell’apertura della procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività da parte della Cemitaly, proprietaria attuale del sito industriale”. Ce lo ricorda in un comunicato il senatore tarantino Mario Turco, vicepresidente del M5S, che pure al governo c’è stato come sottosegretario nel Conte II, vale a dire fino al febbraio 2021 e per circa un anno e mezzo (senza contare il precedente).
Apriamo una parentesi per meglio far intendere che, come spesso succede, la preoccupazione giunge tardiva. L’avvio della procedura di licenziamento collettivo per le 51 unità di Taranto, infatti, risale al luglio 2021, ma l’ex Cementir era già completamente ferma da quasi tre anni. E il personale, inizialmente più di 100 unità, già 5 anni fa era sceso a circa 70 addetti per arrivare infine agli attuali 51.
Comunque, sicuramente animato da buone intenzioni, il senatore ha di recente presentato “un’interrogazione parlamentare ai Ministri della Transizione Ecologica, del Lavoro e dello Sviluppo Economico sul caso ex Cementir; una vicenda che, purtroppo, sta passando quasi inosservata agli occhi dell’opinione pubblica e della politica”.
Pertanto, ha chiesto quale attività di bonifica del sito ex Cementir sia stata prevista e pianificata dal Governo, quali progetti di riqualificazione e reimpiego del personale siano stati individuati per i 51 lavoratori, e se per gli stessi sia prevista una proroga degli ammortizzatori sociali.
Con molto ottimismo, il parlamentare ha pure domandato “le modalità con cui si potrebbe introdurre la clausola sociale per una possibile assunzione dei lavoratori ex Cementir, una volta appaltato il sito ad aziende specializzate che operano nel settore delle bonifiche”. Infatti, occorrerebbe mettere in sicurezza lo stabilimento, definito negli anni “la piccola Ilva”, a causa dell’attività di produzione di cemento molto impattante dal punto di vista ambientale.
Ma, come già detto, sono anni che quel sito è fermo e nessuno se n’è curato. E se restano così le cose, sarà solo l’anticamera, infinitamente più piccola, di quanto avverrà col siderurgico.
“Non possiamo rischiare di aggiungere un’ulteriore vertenza ambientale e sociale in una città sulla quale, in altri ambiti, pesa la spada di Damocle del rischio sanitario e della perdita di lavoro”. Così ha concluso Turco la sua nota.
Una domanda vorremmo fare da tempo a tutti i rappresentanti istituzionali di terra jonica: se è vero come è vero che occorre far fronte al disfacimento della struttura produttiva tarantina (l’ex Ilva non ha ancora chiuso ma è agonizzante), perché non si riesce mai a costituire un fronte unico e forte, a fare squadra tra diverse casacche, e a battere insieme i pugni sui tavoli che contano?
Intanto, temiamo che questo dell’ex Cementir sia solo un banco di prova di ciò che succederà non appena cadrà il gigante dai piedi d’argilla chiamato Acciaierie d’Italia.
- Un “ecosistema” è l’insieme degli organismi viventi ( fattori biotici ) e della materia non vivente ( fattori abiotici ) che interagiscono in un determinato ambiente costituendo un sistema autosufficiente e in equilibrio dinamico (lago, stagno, savana, ecc.). Per questo motivo, il cosiddetto Ecosistema Taranto dell’ultima Amministrazione comunale non è altro che una licenza poetica.